Iperconnessione

Fonte: IperSoap Magazine del 16/09/2019


Pubblicato il 16/09/2019

a cura di  Anna Greco 

 

“In una fase di rapida trasformazione dei contesti giovanili, degli stili di vita e delle scene dei consumi – spiega il Dott. Guido Intaschi Responsabile U.F.S. Servizio Dipendenze Azienda Usl Toscana Nord Ovest – Ambito territoriale Viareggio – sembrano dilagare quelle che Spinoza chiamava le “passioni tristi”: senso pervasivo di impotenza e d’incertezza rispetto al futuro, mondo vissuto come minaccia che porta l’uomo moderno ad accartocciarsi su sé stesso. Emerge una forte contraddizione fra richiesta di prevenzione dei comportamenti d’abuso e cultura dominante orientata verso il rischio, l’azzardo, l’additivo come scorciatoia per il piacere, il consumismo che, rendendoci analfabeti delle nostre emozioni non permettendo alla nostra soggettività emotiva di esprimersi, favorisce di fatto le varie dipendenze o meglio “addiction”(:diventare schiavi) come dicono gli anglosassoni.

 

Circa la metà della popolazione mondiale del mondo sviluppato manifesta “addiction” nei confronti di “qualcosa” e per la maggior parte delle persone quel “qualcosa” è un comportamento! Le attuali condizioni di vita nelle società occidentali – continua Intaschi – sembrano rendere infatti indispensabile l’uso di sostanze psicoattive e di nuove tecnologie , senza le quali non pare più possibile far fronte all’intensificazione dei ritmi di vita (sia nel lavoro che nel tempo libero) e alla conseguente ansia sociale. I fenomeni in continua evoluzione ed espansione del consumo problematico dell’alcol e degli stupefacenti (cannabinoidi, cocaina, eroina…) e delle dipendenze comportamentali (come il disturbo da gioco d’azzardo patologico e le dipendenze dalla Rete ) rappresentano una delle maggiori cause di problematiche sociosanitarie nella nostra società, sia in riferimento alla persona che alla famiglia ed alla comunità”.

 

Un fenomeno che riguarda tutti, ma gli adolesenti sono più a rischio.

Siamo di fronte ad una generazione di bambini e giovani cresciuta “nella rete”. “Sono molti gli autori che parlano di vera e propria “mutazione antropologica” – spiega il dott. Intaschi – e si interrogano sui criteri per distinguere, non solo nei giovani, ma in tutta la popolazione, un uso adattivo dei social e dei videogiochi da un sintomo di malessere o dipendenza. Piuttosto che concentrarsi sulla dipendenza da Internet, è utile studiare il cambiamento, le opportunità e le minacce che comporta”. “Come spiega Tonino Cantelmi dell’Università di Roma – siamo alle soglie di una mutazione antropologica e i fenomeni che chiamiamo patologici vanno compresi all’interno di questo cambiamento”. Internet, allora, non ci rende malati. Ma solo diversi. Gli adulti si muovono in contesti poco interattivi e ripropongono dipendenze già note, dal sesso o dal gioco d’azzardo, solo ampliate dalla Rete. Nei ragazzi la situazione è diversa. Hanno tra  gli 11 e i 23 anni, intelligenti, timidi. «Vivono relazioni prive di corpo — spiega Federico Tonioni del Policlinico Gemelli di Roma—. Nelle chat o nei giochi online non puoi né colpire né baciare per davvero. Lo schermo è uno scudo protettivo». I genitori, «immigrati digitali», non capiscono i figli «nativi digitali », e pensano di dover curare una dipendenza mentre spesso si tratta di altro.

 

Attenzione all’isolamento sociale.

Nel Congresso Nazionale della Società Italiana di Pediatria tenutosi a maggio nella città di Bologna si è parlato di quando l’isolamento di preadolescenti ed adolescenti nella fascia d’età tra gli 11 e i 17 anni diventa patologico (fenomeno da molti anni studiato in Giappone e chiamato “Hikikomori”), che in Italia coinvolgerebbe circa 120 mila adolescenti che trascorrono su internet oltre 12 ore al giorno, mostrando sintomi importanti di patologie psichiatriche. In generale, le ragazze sono le più esposte all’utilizzo eccessivo dei media device, per loro il rischio è 3 volte maggiore rispetto ai ragazzi perché trascorrono più tempo soprattutto alla ricerca di maggiori relazioni sociali. Secondo la Società Italiana di Pediatria ci sono alcuni campanelli d’allarme da non sottovalutare, come disturbi visivi o problemi agli occhi, modifiche nei ritmi del sonno, la connessione online che sostituisce i rapporti dal vivo, la mancanza di interessi nelle attività della vita quotidiana e incapacità di parlare di cose diverse da quelle che si vedono in internet o i sintomi da astinenza quando il dispositivo è inaccessibile.

 

Prevenire è meglio che curare.

I genitori svolgono un ruolo cruciale nella prevenzione di questo tipo di dipendenze, fornendo sostegno e educazione affettiva. “Una buona relazione genitore-adolescente contribuisce a prevenire il rischio di dipendenza – spiega Intaschi – diminuendo il livello di ansia sociale spesso diffuso tra i ragazzi e suggerisco di mettere dei limiti ai propri figli nell’utilizzo delle nuove tecnologie (come mi risulta abbiano fatto anche i padri della rivoluzione digitale) seguendo ad esempio la semplice regola 3-6-9-12 di Tisseron”. Sempre al Congresso Nazionale della Societa’ Italiana di Pediatria di Bologna i pediatri hanno diffuso una serie di raccomandazioni:

• Parla con tuo figlio – è importante favorire una comunicazione aperta tra genitore e adolescente, spiegando ai ragazzi cosa vuol dire un utilizzo positivo e intelligente dei media device;

• Comprendi, impara e controlla – il genitore dovrebbe monitorare il tempo che il proprio figlio spende su tablet, smartphone e pc, imparando per primo le tecnologie a disposizione per poterle comprendere per quanto è possibile, giocando insieme a lui e condividendo per quanto possibile le attività sui media device;

• Stabilisci limiti e regole chiare – occorre limitare il tempo di utilizzo di smartphone, tablet e pc durante il giorno o nei fine settimana, stabilendo orari precisi di divieto per esempio durante i pasti, i compiti e le riunioni familiari;

• Dai il buon esempio – come genitore l’esempio è fondamentale, per questo mamme e papà dovrebbero limitare per primi l’utilizzo di smartphone quando si è in famiglia e durante i pasti;

• Fai rete – è indispensabile la collaborazione tra genitori, pediatri e operatori sanitari per tutelare e sostenere i ragazzi attraverso campagne di informazione che forniscano una maggiore consapevolezza degli aspetti positivi ma anche dei rischi che presenta l’uso eccessivo dei media device.

 

DAL SONNO AGLI INCIDENTI STRADALI I RISCHI DEGLI IPERCONNESSI

L’iperconnessione espone ognuno di noi ad una serie di rischi da non sottovalutare. A partire dal l’alterazione del ritmo circadiano del sonno, che risente negativamente dell’utilizzo degli smartphone prima di dormire perché causa eccitazione e difficoltà ad addormentarsi.

Studi recenti riportano che l’uso dei media device prima di dormire riduce la durata totale del sonno di ben 6 ore e mezzo durante la settimana scolastica/lavorativa. Un utilizzo di 5 o più ore dei media device aumenta il rischio di dormire meno rispetto a chi li utilizza solo un’ora al giorno. Recenti ricerche confermano inoltre, che il sonno è fondamentale per il funzionamento mentale e fisico del nostro organismo e che quando è insufficiente o non adeguato è correlato all’insorgenza di malattie cardiovascolari, disfunzioni metaboliche e diabete.

 

Poi ci sono i danni psichici, emotivi e sociali causati dall’uso eccessivo delle nuove tecnologie. A cui gli adolescenti, non avendo ancora una piena maturazione cerebrale (raggiunta solo intorno ai 23-25 anni), sono più vulnerabili.                                          L’iperattività legata all’utilizzo dei device è connessa a una maggiore distrazione cognitiva. Come emerge dai recenti dati dei CDC americani (Centers for Disease Control and Prevention), gli Stati Uniti hanno registrato nel 2018 un aumento del 5% degli incidenti mortali che coinvolgono gli adolescenti: tra le cause, un utilizzo improprio dello smartphone da parte dei ragazzi impegnati ad ascoltare musica, giocare o rispondere ai messaggi mentre camminavano o attraversavano la strada.


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