La mente in Internet

Psicopatologie delle condotte on-line


Pubblicato il 23/01/2015

Introduzione

Tonino Cantelmi, Carlamaria Del Miglio, Massimo Talli, Alessia D'Andrea

Tonino Cantelmi, Carlamaria Del Miglio, Massimo Talli, Alessia D'Andrea

Anche per chi non volesse, per qualche motivo, interessarsi al "prodotto dell'anno" come è stato definito da una rivista italiana, sarebbe arduo non notare su tutti i giornali articoli riguardanti in generale Internet e più in particolare le innumerevoli possibilità che la "Rete di reti" possiede.
Si passa, infatti, con indifferenza dall' attuazione di conferenze di posta elettronica su qualsiasi argomento, alla "tentata violenza sessuale in Internet" (Piccolo, 19 luglio 1998); dalla possibilità di un più veloce ed approfondito aggiornamento scientifico, a quella di dare libero sfogo alla "passione per la libertà di parola ed espressione" consumando il primo rapporto sessuale nel cyberspazio (Messaggero, 15 luglio 1998).
Da quanto riportato non stupisce l'enorme diffusione che questo "strumento meraviglioso" ha avuto negli ultimi anni in tutto il mondo e tale da esser paragonato all'introduzione della stampa a caratteri mobili del tempo di Gutemberg, entrambi i fenomeni definibili come "accelerazioni della storia dell'uomo in cui l'introduzione di una nuova tecnologia sembra proiettarci in un mondo artificiale (in questo caso virtuale) che non e nient' altro che la proiezione della realtà in una nuova dimensione prima sconosciuta".
Pioniere della "Rete delle reti" fu il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti che negli anni settanta finanziò l'interconnessione sperimentale di alcuni calcolatori sparsi per tutto il Paese con l'obiettivo, oltre che di replicare le informazioni vitali, anche di permettere la contemporanea condivisione dei dati da parte di più calcolatori e quindi di proteggerli da un ipotetico attacco nucleare che avrebbe potuto danneggiare solo una parte della Rete, ma non 1'intero sistema, il quale così si presentava invulnerabile nel suo complesso.
Come spesso accade, le innovazioni tecnologiche apportate dalla ricerca militare furono in seguito utilizzate dal "mondo civile" quando un Ente Governativo, la National Science Foundation (NSF) creò dei centri di super calcolo ai quali la comunità scientifica poteva facilmente accedere utilizzando la Rete militare ARPAnet (Advanced Research Projects Agency) messa a disposizione dal Pentagono.
Sulla scia di questa primo esperimento, prima negli Stati Uniti con il NSFnet e poco tempo dopo in Europa con la EARN (European Academy Research Network), si crearono delle nuove reti che collegavano fra loro centri di calcolo, indipendenti ed isolate l’una dall'altra ed ognuna con un proprio protocollo di comunicazione incompatibile con quello delle altre.
In breve tempo, per eliminare la confusione creatasi per la presenza di numerosi protocolli di comunicazione si è reso indispensabile che le organizzazioni di standardizzazione internazionali rilasciassero un protocollo standard di comunicazione che fosse valido in tutto il mondo.
Attualmente il protocollo standard utilizzato e il TCP/IP (Transfert Central Protocol/Internet Protocol) alla base del quale c'e l'idea di dividere il singolo messaggio in "pacchetti" di bit che saranno poi ricomposti nel corretto ordine: l'IP è la "lingua" nella quale sono scritti i singoli pacchetti che rappresentano frammenti di messaggio che parlano del messaggio stesso.
Da quanto detto si percepisce che lo scopo di Internet è principalmente quello di favorire la "circolarità delle informazioni" sfruttando le caratteristiche specifiche della comunicazione telematica rappresentate dalla interattività, tempestività, ipertestualità, elementi questi che giustificano il suo "costante e continuo tasso di diffusione".
Assieme all'indubbio interesse ed entusiasmo dimostrato dai più in seguito alla scoperta "dell' Oceano Internet", qualcuno ha cominciato a chiedersi se le caratteristiche stesse della Rete non potessero avere anche qualche rischio.
L'input venne da una sorta di provocazione-scherzo concepito da uno psichiatra americano, Goldberg, che avanzò la proposta di diagnosticare un "Internet Addiction Disorder" in soggetti nei quali venissero individuati alcuni segni clinici di tolleranza e/o di astinenza.
Lo stesso Goldberg non avrebbe mai immaginato che il suo "scherzo planetario" avrebbe avuto una straordinaria risonanza, prima in Rete e poi nel mondo. Contemporaneamente la psichiatra canadese K. Young per prima nel mondo segnalò alcuni fenomeni psicopatologici connessi all'uso di Internet.
In Italia l'iniziale scetticismo dimostrato dal mondo scientifico ed in particolare psichiatrico, si trasformò in reale interesse nei confronti dell' argomento quando fu possibile esaminare off-line i primi pazienti affetti da sintomatologia IAD-correlata, nei quali era presente assieme ad uno strano corteo sintomatologico, una sorta di irrefrenabile bisogno di "chattare", a volte così esclusivo da indurre a trascurare qualsiasi altra attività.
L'immediato interesse suscitato in ambito scientifico ha stimolato ulteriori studi sull' argomento, che hanno apportato nuovi contributi e spunti di riflessione, anche critici.
In questo libro, che rappresenta lo sforzo di trattare da diversi punti di vista il fenomeno della "Ragnatela Mondiale", oltre a dare spazio a riflessioni, ipotesi e giudizi critici sull' argomento, si riportano i dati relativi alla prima ricerca sperimentale condotta in Italia sui possibili effetti psicopatologici legati alle condotte on-line (depressione, dipendenza, trance dissociativa, fenomeni psicotici da abuso on-line acuto).
La valutazione del campione di utenti di Internet esaminato è avvenuta attraverso la somministrazione off-line di tre test psicodiagnostici. Le ipotesi di partenza di questa ricerca riguardano la relazione fra il numero di ore trascorse in Rete ed il comportamento di dipendenza, la prevalenza di specifiche caratteristiche di personalità in associazione all' uso di Internet, alcuni rilievi clinici di tipo psicopatologico negli "abusers" rispetto ai "non -abusers".
I risultati di tale ricerca hanno evidenziato nel 10% del campione osservato un atteggiamento potenzialmente dipendente verso la Rete. Questo dato ci è apparso inquietante poiché dimostrerebbe che i fenomeni di dipendenza da Internet sono reali: se all'inizio l'utente, potenzialmente dipendente, percepisce il bisogno di aumentare il tempo trascorso in Internet, successivamente, in modo subdolo ma progressivo, sente di non poter sospendere o ridurre l'uso di Internet, sino ad essere catturato dalla Rete, con conseguenze negative sulla propria vita socio-relazionale, affettiva e lavorativa.
Dai risultati della suddetta ricerca si evince che probabilmente il rischio psicopatologico connesso ad Internet deriva dalle stesse caratteristiche multimediali della Rete, che consentono al soggetto di sperimentare una sorta di condizione di onnipotenza, nonché di esplorare differenti aspetti del Sé; è dunque possibile ipotizzare una sorta di potenzialità psicopatologica propria della Rete e persino un percorso verso la retomania.
Nel libro viene inoltre riportata l'esperienza clinica relativa ad un ristretto gruppo di pazienti osservati e trattati in ambulatorio, attraverso la quale si offre al lettore un tentativo di spiegazione del fenomeno. Dalla lettura delle esperienze cliniche, si evidenzia come Internet non solo consenta una fuga dalla propria realtà, ma permetta anche una sorta di intensa "eccitazione" con la possibilità di provare nuove ed incontrollate emozioni connesse con il superamento di ogni limite personale e spazio-temporale. Siamo consapevoli dei limiti dei dati sin ora disponibili e anche di possibili equivoci che i nostri primi ed incompleti risultati possono suscitare, nonché della ancora incerta comprensione teorica dei fenomeni osservati. E’ per questo che nel libro lasciamo ampio spazio alle osservazioni critiche, alle perplessità e persino alle critiche che comprensibilmente nascono di fronte ad un fenomeno nuovo, nella speranza che come frutto di un'attenta riflessione, siano di stimolo per l'approfondimento dell’argomento.
I nostri primi studi hanno interessato i mass media (quotidiani, riviste, TV e radio) in un modo che ha sorpreso anche noi. Questo clamore ha fatto sì che il dibattito sulla psicopatologia on-line correlata abbia avuto luogo innanzitutto attraverso programmi televisivi e radiofonici e articoli su giornali e riviste. Attraverso questo libro vogliamo offrire a tutti coloro che sono interessati una sorta di punto di partenza su cui discutere e dal quale procedere, attraverso ricerche scientifiche sempre più accurate, verso una serena definizione del problema. La stessa Rete è stato luogo di discussione e dibattito. Con nostra sorpresa quindi abbiamo trovato moltissimo materiale on-line che ci riguardava: eravamo citati, discussi e spesso insultati in varie chat, alcuni siti riportavano in modo di volta in volta diverso le notizie tratte dai mass media sui nostri lavori, siamo venuti a conoscenza che alcuni nostri dati erano stati ripresi dalla stampa e dalle televisioni di altri Paesi. Molti navigatori si sono mostrati arrabbiati, scettici, diffidenti, hanno ipotizzato complotti contro la Rete, tentativi di demonizzazione per scopi non ben definiti e alcuni, infine, ci hanno accusato di voler psichiatrizzare Internet. Le critiche sono in parte giustificate: l'eccessivo clamore dato dai mass media ai nostri primi e ancora incerti dati clinici ha giustamente irritato gli utilizzatori di Internet, che hanno percepito una sorta di sorprendente ed incomprensibile attacco alla Rete. Condividiamo comunque il richiamo a non fare inutili allarmismi: i problemi psicopatologici Internet-correlati sono per alcuni psichiatri e psicologi, tra cui noi, affascinanti e nuovi, ma questo non vuol dire affatto che la Rete sia un qualcosa di pericoloso da evitare. La verità è che la Rete delle reti è la vera, grande ed inarrestabile novità che caratterizzerà il Terzo Millennio: come ogni novità porta con sé nuove problematiche. L'effetto dell'incontro tra l'uomo e tecnologie così straordinarie è senza dubbio un oggetto di studio interessante: noi non abbiamo saputo resistere al suo fascino.


Bibliografia

1. Arcidiacono A., Una pericolosa accelerazione. In: AA.VV., La realtà del virtuale, Laterza, 1998.

2. Siracusano A., Internet, Psichiatria e Neurologia, 1997.

3. Goldberg I., lad, http://www.iucf.indiana.edu/brown/hyplan/addict.htlm,1995.

4. Young K., Internet Addiction: the emergence of a new clinical disorder, http//www.pitt.edu/-ksy, 1995.

5. Cantelmi T., I navigatori dell'Oceano Internet: Iad, Ircfilici e Mudmanici, Relazione al III Convegno Nazionale ARFN, Roma, 1998, (atti, 1999).

6. Cantelmi T., Talli M., Internet Addiction Disorder. In: Psicologia Contemporanea, 150, 4-11, 1998.

7. Cantelmi T., D’Andrea A., Internet Dipendenza. In: Aa.VV., La realtà del virtuale, La Terza, 1998.

8. Cantelmi T., D’Andrea A., Talli M., Gasbarri A., Internet Related Psychopathology: recenti acquisizioni, Giornale Italiano di Medicina Militare, 1999.
 

INDICE DEL GENERALE DEL VOLUME 

 


 

 

 

In memoria di Bruno Callieri
Autore della postfazione

Bruno Callieri, (Roma, 17 luglio 1923 – Roma, 9 febbraio 2012) ha curato la postfazione del libro La mente in internet, in Italia fu un maestro della fenomenologia e un grande padre della psichiatria. Fu uno dei fondatori della psicopatologia fenomenologica italiana, la nuova scuola che prendendo le mosse dall’insegnamento di Jaspers, Brentano e Husserl, oltre che degli altri scienziati della psicopatologia, fonda sull’interazione tra soggettività e mondo esterno la spiegazione delle dinamiche che determinano comportamenti in linea o fuori registro dalle dimensioni canoniche dell’esistenza.

Pubblicato il 17/10/2012

Fenomeni psicopatologici Internet correlati: ricerca sperimentale italiana
C.Del Miglio, T. Cantelmi, M. Talli, F. Artelli, P. Cavolina

Lo studio in questione, benchè limitato ad un gruppo esiguo di utenti, si propone di indagare la personalità di coloro che trascorrono molto tempo in Rete (i cosiddetti abusers), verificando se e quanto l'abuso della Rete possa costituire un elemento di rischio psicopatologico. La ricerca si propone nel contempo di sottolineare gli elementi di continuità tra comportamento normale e patologico nell' utilizzo della Rete, esentandosi dall'ingenuità di far risalire l'origine dei disturbi alla natura stessa del mezzo di comunicazione. A livello operativo si cerca di rispondere a tre quesiti fondamentali: se vi e una relazione tra numero di ore spese in Rete e il livello di dipendenza da Internet; se i soggetti valutati come non-dipendenti (non-addicted) differiscono per tratti di personalità dai soggetti valutati come dipendenti (addicted);se quest'ultimi presentano al profilo di personalità maggiori rilievi clinici.

 

 

Pubblicato il 17/10/2012