Come combattere gli attacchi di panico


Pubblicato il 07/01/2010

All'improvviso il cuore impazzisce, manca l'aria, si ha paura di morire. È una esperienza devastante che ha colpito già due milioni di italiani. Soprattutto donne. Atlete come Federica Pellegrini e attrici come Martina Stella, ma anche casalinghe, impiegati, manager. Però uscire dall'incubo è possibile...

 

Antonella Trentin 15/04/2009

 

Sei marzo scorso, Primaverili italiani di nuoto: Federica Pellegrini, medaglia d’oro olimpica, sale sul blocco di partenza dei 400, pronta al tuffo, ma all’improvviso si paralizza. Qualcosa di misterioso e terribile la travolge: il cuore batte a mille, come se avesse una crisi di angina pectoris, i polmoni hanno fame d’aria, le gambe tremano. Tutto succede in una frazione di secondi, ma la formidabile atleta è già knock out. Scende dal blocco, la gara è finita. Federica sa perfettamente cosa le sta accadendo, perché è già successo: è vittima di un attacco di panico.

Un incubo che in Italia affligge la vita di oltre due milioni di persone, soprattutto donne. «Un’esperienza devastante» la descrive il celebre psichiatra Giovanni Battista Cassano. «Chi l’ha provata una volta, non la dimentica più. Senza motivi reali, i sistemi d’allarme del cervello partono all’impazzata, un terremoto sconvolge il corpo. La persona è convinta di stare per morire, chiede di essere portata al Pronto soccorso». Malgrado ciò, l’8 marzo, due giorni dopo l’ultima crisi, la nuotatrice ha segnato un nuovo record fendendo i 200 metri a stile libero. La tenacia dell’atleta ha avuto la meglio sul terrore irrazionale? No, la verità è un’altra. L’attacco di panico colpisce Federica, come un riflesso condizionato, solo quando deve affrontare le vasche lunghe.  È una paura immaginaria, senza alcun rapporto con la realtà, ma con effetti molto concreti. Nel suo caso è associata alle gare, per altri al luogo o all’evento che l’ha scatenata la prima volta: un ascensore, il traffico, un esame, un discorso in pubblico, una separazione…

Cos’è l’attacco di panico? «È un’autentica malattia che ho immortalato per primo con una risonanza magnetica su un paziente durante una crisi» spiega Rosario Sorrentino, neurologo, uno dei massimi esperti in materia, fondatore dell’Ircap, l’Istituto per la ricerca e cura degli attacchi di panico, presso la Clinica Pio XI di Roma, e autore del fortunato libro Panico, una bugia del cervello può rovinarci la vita (Mondadori), redatto a quattro mani con una paziente particolare, la scrittrice Cinzia Tani. «Mentre la paura è un’emozione che nasce da un pericolo reale» spiega Sorrentino «l’attacco di panico è originato da un rischio inesistente, un tranello virtuale che però  accende il sistema d’allarme del cervello e provoca le conseguenti reazioni fisiche, come il battito accelerato, la fame d’aria, e l’esasperata interpretazione dei sintomi».

Chi si ammala? L’attacco di panico è democratico e trasversale. Colpisce casalinghe, impiegati, manager, atleti, scrittori e attori. Ne soffrono il musicista Giovanni Allevi, l’attore Alessandro Gassman, lo scrittore Alessandro Piperno. Racconta il regista Carlo Verdone: «A me è capitato spesso: roba brutta davvero. Per fortuna ho avuto la forza di rivolgermi a un medico. Il mio era  panico da successo. Era il 1978, la mia vita stava prendendo un’impennata che non riuscivo a controllare. Non potevo più guidare la macchina, mi veniva la tachicardia, l’iperventilazione, mi girava la testa, mi cascava il labbro: un casino».

Dunque lo stress, l’ansia da prestazione sono la causa di questo grave malessere? «Hanno un ruolo minimo» spiega Giampaolo Perna, responsabile del Centro disturbi d’ansia dell’ospedale San Raffaele di Milano.  «Il disturbo colpisce soprattutto gli individui vulnerabili al panico, che hanno quindi una predisposizione genetica, com’è emerso dagli studi su gemelli omozigoti. Molti dei pazienti, poi, hanno un sistema cardiaco e respiratorio più fragile rispetto alla norma. Alcuni sono particolarmente sensibili a sostanze stimolanti, come caffeina, alcol e stupefacenti, la cui assunzione scatena l’attacco. C’è persino chi è vulnerabile all’anidride carbonica che si sviluppa nei luoghi chiusi. Esiste un test che lo misura: basta una boccata di CO2 per produrre una reazione di panico». Cassano dà maggiore peso alle cause esterne. L’attacco di panico, dice, nasce da un mix esplosivo: la predisposizione biochimica, ma anche l’ambiente, cioè tensioni psicologiche, minacce di separazione, paura della morte di una persona cara, ansia da prestazione… Questa seconda ipotesi spiegherebbe l’aumento dei casi, secondo Sorrentino. «Viviamo in un’epoca di forte stress, siamo continuamente messi alla prova» dice. «Soprattutto le donne, che pagano l’emancipazione con pressioni sociali asfissianti. È così che gli attacchi di panico si moltiplicano». Non è la sola ragione per cui le donne sono più colpite degli uomini, in rapporto di tre a uno. «Gli ormoni giocano un ruolo importante» avverte Cassano. «Infatti durante la gravidanza gli attacchi scompaiono». La paura della paura Chi soffre di panico, è tormentato anche dalla “paura della paura”. Vive cioè nell’attesa di nuovi attacchi. Diventa insicuro, evita tutte le situazioni a rischio, in particolare quei posti dove pensa di non poter ricevere aiuto, come gli spazi aperti (agorafobia), o gli spazi chiusi (claustrofobia) dove non vede vie di fuga rapide.  Smette di usare autobus, metropolitane, aerei. La paura di volare non c’entra, il panico scatta appena viene chiuso il portellone. Il ministro della Cultura, Sandro Bondi, ora ne parla con serenità: «Pur di non salire su un aereo» sorride «sono andato in America con la nave».  Il malato di panico è vittima di rinunce continue e perde la propria autonomia. «Ha sempre bisogno di qualcuno che lo rassicuri» spiega Perna. «C’è chi si chiude in casa, chi perde il lavoro. Vivono un’esistenza mutilata».

n Rompere il recinto È questo il problema. «L’essenziale è rivolgersi a uno psichiatra» spiega Tonino Cantelmi, docente di Psicologia all’Università Regina Apostolorum di Roma. «Bisogna accettare di assumere medicine per uno-due anni e sottoporsi a una breve psicoterapia cognitivo-comportamentale. Servono farmaci che potenziano gli effetti della serotonina, il neurotrasmettitore che controlla il sistema emotivo. Grazie ai serotoninergici gli attacchi di panico scompaiono». Ma non basta a guarire. «Con la psicoterapia si aiuta il paziente ad affrontare le situazioni che gli creano ansia» spiega Cantelmi. «Lo si invita a riprendere i contatti con la realtà e a sperimentare che può controllare gli eventi da solo. In questo modo si rompe il circolo vizioso che fa scattare il panico».

In Italia esistono centri specializzati che se ne occupano, basta andare sul sito www.psicc.net/default.asp e cliccare “link” per trovare un ricco elenco. E l’Osservatorio nazionale per la salute della donna, insieme all’associazione Progetto Itaca, ha appena istituito un numero verde (800274274) per offrire aiuto e supporto psichico.

«Con la psicoterapia s’indagano anche i meccanismi profondi che  alimentano il panico»  continua Cantelmi. «Una mia paziente che faceva l’inviata speciale, era vittima del disturbo a ogni partenza perché temeva, allontanandosi, di perdere l’uomo che amava. Per un po’ ha smesso di viaggiare, danneggiando se stessa e il lavoro. In realtà stava sperimentando il conflitto tra il proprio bisogno di protezione e il desiderio di libertà. Una volta risolto il suo problema col panico, ha lasciato anche il fidanzato.

Fonte: Donna Moderna