L’esperto riassume i danni che l’eccesso di televisione può provocare nei più piccoli.

Fonte: Vero n.52 del 24 dicembre 2009 Settimanale


Pubblicato il 21/12/2009
I bambini perdono la loro capacità di relazionarsi con gli altri.

«La televisione è uno strumento molto dannoso, impedisce ai bambini di sviluppare le capacità relazionali». Tonino Cantelmi, psichiatra e psicoterapeuta,  non usa mezzi termini per definire gli effetti collaterali della televisione, soprattutto sui bambini in età prescolare.

Perché sarebbe così dannosa?

«La maggior parte degli studi in materia dimostra che “affidare” un bambino così piccolo allo schermo danneggia le sue capacità di relazionarsi con gli altri. A quell’età il piccolo è molto recettivo e assorbe tutto ciò che vede e ascolta. Per cui ha bisogno di confrontarsi attivamente con le persone e il mondo reale. E non con la televisione, con cui il confronto è del tutto assente».

Quali sono i “danni della televisione”?

«L’iperattività, la mancanza di concentrazione, l’incapacità di comporre pensieri non banali. Problemi che si manifestano intorno ai 9, 10 anni».

Tonino Cantelmi Eppure sia la Rai che Sky si sono attrezzate con programmi per “piccolissimi”.

«Non importa, anche se dicono che sono fatti a misura di bambino, il danno c’è: impediscono le relazioni con il mondo esterno,fatto di cose e persone».

 

 

Citando i problemi, lo stesso Garante francese per la Comunicazione ha parlato di “rischio per lo sviluppo dei processi di pensiero e immaginazione, ritardo nel linguaggio, turbamento del sonno”.

«E’ esattamente il nodo della questione. Il problema è che i danni profondi causati dall’abuso della tv (in Italia l’89,7% dei bambini la guarda ogni giorno, ndr) si manifestano più tardi, durante l’adolescenza e da adulti».

E la tv fa male solo da 0 a 3 anni?

«Quando se ne abusa fa male sempre, anche da adulti. Da 6 a 10 anni, però, quando i bambini cominciano a capire meglio la realtà, la tv genera altri danni: quasi sempre guardano da soli, telegiornali e programmi che creano stati d’ansia già a quell’età, anche perché non c’è un adulto che “decodifica” certi messaggi. E poi c’è la violenza, la cui assuefazione abbassa la sensibilità verso comportamenti aggressivi: i ragazzi, di conseguenza, non percepiscono appieno la pericolosità di certe azioni».

 

Fonte: Vero n.52 del 24 dicembre 2009 Settimanale