Lo psicologo diventa cyber

Fonte: Quattro Colonne Online del 12/04/2016


Pubblicato il 12/04/2016

Audio dell’intervista Prima parte - Seconda parte

Parola dello psicologo Tonino Cantelmi. L’assuefazione da smartphone e social network può essere un problema, certo, ma non bisogna sottovalutare il rischio di creare persone refrattarie alla tecnologia. Il mondo è cambiato. E la psicologia deve cambiare con lui.
Un nuovo corso – Per rispondere a queste esigenze, nel 2014 l’Università Lumsa di Roma ha inaugurato un corso di cyberpsicologia – ispirato e tenuto dallo stesso Cantelmi – pensato per aggiungere ulteriori strumenti all’ideale “cassetta degli attrezzi” dello psicologo moderno.

Fame di dati – «I media hanno cambiato il modo di pensare e di apprendere», ci spiega la dottoressa Michela De Luca, assistente del professor Cantelmi e oggi titolare del corso. «La mente digitale prende informazioni a piccoli scatti, sconnessi e spesso sovrapposti. Il cervello diviene sempre più affamato e desideroso di essere continuamente alimentato».
Tanti nuovi casi – Durante il corso si analizzano tematiche quali « psicologia dei videogiochi, relazioni e infedeltà online, psicoterapia online, cyberbullismo, false identità su internet, la mente in internet e i siti pro-ana», ovvero le pagine web in cui si forniscono consigli su come diventare anoressici e difendere la propria nuova condizione. «La mia sfida ogni anno è più forte – aggiunge De Luca – perché mi ritrovo di fronte a nuove patologie e nuovi assetti famigliari». Perché le dipendenze legate al digitale, quando colpiscono i più giovani, potrebbero essere evitate più facilmente se gli adulti fossero meno distanti dal mondo in cui abitano i propri figli: «Il numero di genitori titubanti nel fronteggiare le esigenze dei ragazzi», legate alla comprensione e ad un uso corretto della tecnologia, «è sempre maggiore». Sono i “nativi analogici” a dover aiutare i ragazzi a incanalare positivamente le risorse offerte da questi nuovi strumenti.
Passare il testimone – Il nostro compito di nativi analogici sarà proprio quello di traghettare le nuove generazioni. Perché, conclude il professor Cantelmi, «non si perda la capacità di comprendere l’altro guardandolo negli occhi. È un tesoro che va salvaguardato».

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