Professione “Perseguitati”

Fonte: PiùSalute Magazine Mensile Anno 1 _ Numero 1 Novembre 2009 Pag 54


Pubblicato il 18/11/2009

A cura di Carlotta Mangione

Intervista a Tonino Cantelmi

Paura di essere schedati e lasciare in giro le proprie tracce, peggio ancora, di essere inseguiti dal satellite. Crescono i timori legati alle nuove tecnologie. E non solo. Quando anche andare in banca o avere una carta punti diventa una questione di salute

Essere violati nella propria privacy da fastidio a chiunque: nessuno ha piacere di essere profilato e di sapere che i propri dati sensibili finiranno in un data-base al solo scopo di diventare facili prede di ricerche di mercato o, peggio ancora, promozioni pubblicitarie. Grazie al cielo, il più delle volte il tutto si esaurisce in una manciata di sbuffi, un click sul tasto "posta indesiderata" o un telefono riagganciato. Altre volte capita invece che la gente ne faccia una vera e propria malattia: "Qualche anno fa tra le persone c'era un timore diffuso da contagio da Hiv - spiega lo psichiatra Tonino Cantelmi, fondatore del Cedis, il primo centro in Italia a occuparsi delle dipendenze comportamentali e in particolare dei disturbi legati a internet - oggi, invece, a tenere esageratamente in allerta la popolazione c'e un altro fenomeno: la paura del tecnologico, il cosiddetto male da microspia". A incentivare questa preoccupazione allargata contribuiscono le notizie continuamente diffuse dai giornali: dall'onnipresente dibattito sulle intercettazioni telefoniche al clamore sollevato dalle registrazioni di cui è stato "vittima" il Presidente del Consiglio; non ultima la scoperta di una microspia sotto la scrivania del braccio destro del sindaco di Milano, Letizia Moratti.

"Viviamo in una società - racconta l'esperto - dove il bisogno di controllare tutto e tutti ha raggiunto i suoi massimi livelli. Se prima l'offerta di prodotti utilizzati per spiare il prossimo era rivolta esclusivamente al settore investigativo, oggi non è più così. Del resto basta farsi un giro nei negozi della Rete per rendersene conto".

Parallelamente al bisogno di controllare prende piede il bisogno di non essere controllati. "Le patologie legate a questa stato d'ansia sono in aumento - puntualizza il professor Cantelmi -Basti pensare a come, sempre più spesso, capiti di relazionarci al telefono con persone che temono di essere ascoltate da chissà chi. Un tempo erano solo i paranoici a temere di essere spiati, a dire "ne parliamo poi a voce", ma oggi è una frase entrata nel gergo comune. Questo nei casi meno gravi ma ho avuto pazienti in cura che hanno avuto grossi scompensi legati alle nuove tecnologie. Una volta il timore delle persone in cura era quello di essere spiate dalle finestre, oggi non è più così. Mi è capitato, per esempio, un signore che passava il suo tempo a studiare un modo per interferire con il satellite per sfuggire agli occhi indiscreti di Google Earth o altri che toglievano la batteria dal proprio cellulare per paura di essere individuati.

Insomma, in taluni casi il timore di lasciare in giro delle tracce può trasformarsi in una vera ossessione. Quando dobbiamo preoccuparci? "Quando mettiamo in atto delle azioni compulsive, al di là del nostro controllo. Per esempio ci rifiutiamo di firmare il documento per il trattamento dei dati sensibili indispensabile per alcune operazioni della nostra vita quotidiana oppure andiamo a contattare i vari enti, la banca, l'ufficio postale chiedendo loro che fine faranno i nostri dati o addirittura di cancellare la nostra immagine impressa sulle videocamere di sorveglianza". Per alcuni anche lasciare il proprio nome, cognome e indirizzo per iscriversi a un'associazione od ottenere la carta punti del proprio supermercato di fiducia può diventare un ostacolo insormontabile; piccoli gesti che si tramutano in una fonte di ansia e frustrazione. E davanti a queste manifestazioni, il consiglio, come sempre, e quello di rivolgersi a un esperto.

 

"Paradossalmente -continua il terapeuta - all'opposto c'è un'altra fetta di persone che lascia i propri dati in giro in maniera troppo leggera. Si tratta di persone illuse di rimanere sempre nell'anonimato e che, proprio per questo, spesso si concedono cose che altrimenti mai farebbero nella vita di tutti i giorni: e il caso del padre di famiglia che cerca materiale porno legato al mondo gay o trans o del classico brav' uomo che nel cyberspazio si trasforma nel più volgare degli insultatori". Questi sono casi limite ovviamente, vero è che davanti allo schermo superiamo reticenze e imbarazzi della vita reale e tendiamo a riversare riflessioni di qualunque tipo, senza pensare al fatto che una volta immesse in Rete le informazioni hanno una diffusione pressoché illimitata nello spazio nel tempo. Una leggerezza grezza che può ritorcesi contro. Un esempio? Una ricerca ha dimostrato che il 77% di chi recluta personale cerca possibili candidati sui web; il 35% di questi ha affermato di aver eliminato un candidato sulla base delle informazioni scoperte navigando su internet.

 

 

 

 

 

 

Fonte: PiùSalute Magazine Mensile Anno 1 _ Numero 1 Novembre 2009 Pag 54