Sexting, lo psicologo: si inizia alle elementari

Fonte: Corriere della Sera > Blog > Sei gradi del 7/9/2013


Pubblicato il 09/09/2013

Non sono solo messaggi inviati da un cellulare. Ma qualcosa di più. Un bimbo che frequenta la quarta elementare spedisce alla sua compagna di classe una foto di se stesso nudo mentre si fa la doccia. Ha 9 anni, lo ha visto fare a un suo amico che a sua volta ha ricevuto una foto di una compagna di classe in costume da bagno. Sicuramente un’immagine più discreta, ma è solo il primo di numerosi messaggi con toni sempre più espliciti.

Si chiama sexting quando un testo, una foto o un video viene inviato attraverso un cellulare o il computer. Un fenomeno sempre più diffuso negli ultimi dieci anni da quando l’innovazione tecnologica ha reso più semplice l’invio di materiale in ogni momento e da qualsiasi luogo.

La degenerazione di questo uso assume forme crude e violente raccontate nelle storie che si leggono spesso. Il ragazzino che decide di suicidarsi perché minacciato attraverso un video (è successo in Gran Bretagna), un altro, in Italia, anche lui suicida perché su Facebook gli amici scrivevano della sua presunta omosessualità. E l’ultimo, a Caltanissetta, dove un uomo è stato arrestato per avere pubblicato le foto hard della fidanzata: è accusato di produzione e divulgazione di materiale pedopornografico, diffamazione e minaccia.

I dati che hanno raccolto gli psicologi Andrea Marino e Roberta Bucci dell’Istituto di Terapia Cognitivo-Interpersonale di Roma parlano chiaro e sono allarmanti perché riguardano i ragazzi molto giovani. L’età media si abbassa fino ad arrivare a bambini di 8, 9 anni, quando il Sexting è considerato reato.

In un’indagine di Associated Press e MTV (2009)  su 1.247 intervistati di età compresa tra  i 14 e i 24 risultava che il 13% delle donne e il 9% dei maschi avevano inviato una foto o un video di se stessi nudi o semi-nudi.  E ancora: la foto dei giovani e giovanissimi italiani è stata scattata da un’indagine conoscitiva di Telefono Azzurro ed Eurispes, secondo la quale nel 2012 un ragazzo su 5 ha trovato proprie foto imbarazzanti in Rete, mentre un anno prima la percentuale era solo di uno su 10. Quanto ad ammettere di voler fare “sexting”, solo il 12,3% dice di aver inviato materiale a sfondo sessuale e comunque nel 41,9% dei casi i giovani dicono di non vederci nulla di male nell’averlo fatto.

“In generale i ragazzi non si preoccupano: è quasi normale inviare e ricevere foto o video pornografici, anche perché molto spesso sono così giovani da non cogliere la pericolosità della loro azione”. Emiliano Lambiase è psicologo all’Istituto di Terapia Cognitivo-Interpersonale, diretto dal prof. Tonino Cantelmi, e si occupa del rapporto tra i problemi sessuali e la tecnologia.

“I bambini arrivano da noi quando i genitori si accorgono che qualcosa non va. I ragazzi più grandi quando si rendono conto di avere problemi sessuali a causa di una dipendenza da videochat e sesso “virtuale”. Il percorso per uscirne è lungo”.

Che effetti ha il Sexting?

La tecnologia ci obbliga a ragionare in maniera diversa: dobbiamo usare due tipi di linguaggio, quello reale e quello virtuale. Nella testa delle persone più fragili si crea una specie di cortocircuito che fa perdere l’equilibrio, c’è un sovraccarico. Così siamo più distratti, abbiamo meno memoria e meno capacità di avere un rapporto emotivo con gli altri. La perdita di un punto fisso definisce la realtà virtuale come unica: è una dipendenza.

E il rapporto con il sesso? Cambia?

La dipendenza da cybersesso brucia le tappe. Se prima un dipendente sessuale ci metteva più tempo ad essere totalmente assuefatto, ora i tempi sono immediati. Ho seguito pazienti che senza la tecnologia non avrebbero mai sviluppato una dipendenza. Un esempio? Un uomo di 60 anni, sposato, una vita tranquilla, sessualmente inibito. Ma con la moglie negli anni supera l’ansia da prestazione. Poi scopre internet e in quella nuova sede realizza quello che aveva sempre represso annullando il rapporto con la propria donna. La moglie lo scopre e lui chiede di essere curato.

E per i ragazzini?

Molti di loro non conoscono il sesso, internet permette di superare l’ansia da rifiuto. Ma quando è il momento dell’approccio reale con una ragazza, lì nascono i problemi. Non c’è una sana crescita sessuale. Il cybersesso e il sexting hanno conseguenze pericolose: i ragazzi non riescono più a lavorare, studiare e sono colti da depressione.

Che conseguenze ci possono essere oltre a quelle psicologiche?

Tra 16 e 18 anni almeno un ragazzo su 10 si è trovato in pericolo dopo avare messo online foto si se stesso nudo. Spesso le immagini vengono spedite a gente di cui ci si fida. Ma non si è al corrente della fine che poi faranno e soprattutto i messaggi vengono inviati senza il consenso dell’altro. Poi girano in rete e l’utilizzo da parte di altri può essere pericoloso. Si può entrare nella sfera della pedofilia, ma anche del cyberbullismo che fa leva su meccanismi psicologici davvero delicati. Il suicidio è l’ultima tappa, ma bisogna tenere conto che le persone che finiscono in questi vortici sono sempre le più deboli e fragili.

Fonte: seigradi.corriere.it