Soli davanti allo schermo, si credono “avatar”.

Fonte: Il Messaggero del 25/10/2010


Pubblicato il 25/01/2010

«Aggressivi e immersi nella realtà virtuale, non hanno più percezione della gravità delle azioni

 

ROMA - Sempre più soli davanti a uno schermo immersi completamente in una realtà virtuale che non lascia spazio alla realtà e altera ogni percezione. Presi da videogiochi sempre più alienanti che ti mandano in pappa il cervello e abbandonati da genitori che non sanno più come e quando intervenire. Il ritratto dei giovani italiani che emerge dalle inchieste e dalle ricerche dei sociologi e degli psicologi è ormai univoco e non certo incoraggiante. Non c’è infatti nessun rapporto che non metta in rilievo un fenomeno che è in costante crescita ormai da anni. Internet, social network, chatline, telefonini, videogiochi e play-station stanno letteralmente alienando un’intera generazione.

«Non dobbiamo stupirci di fatti come quelli accaduti a Torino, dove un ragazzo di 16 anni ha accoltellato il padre per aver staccato la spina della playstation con la quale stava giocando. Sono reazioni perfettamente spiegabili come conseguenza di una situazione che ormai sta diventando davvero critica» spiega Tonino Cantelmi, psichiatra all’Università gregoriana di Roma. «I ragazzi sono di fatto immersi in una realtà virtuale – spiega Cantelmi – che ha come prima conseguenza quella di desensibilizzare i giovani nei confronti dell’aggressività. In pratica saltano tutti gli schemi e non si ha più la percezione della gravità delle proprie azioni come appunto quella di reagire in maniera violenta contro chiunque, perfino contro il proprio genitore. Praticamente – aggiunge lo psichiatra – i ragazzi non si rendono nemmeno conto della gravità del gesto compiuto». «Non pensavo di poter provocare tanto dolore» è la frase ricorrente che gli psichiatri si sentono dire quando sono chiamati ad intervenire in casi di violenze e di stupri. «E’ una situazione che riguarda soprattutto i più giovani e gli adolescenti – dice Cantelmi – ma che nel lungo termine è destinata a produrre una generazione di persone che non sanno come interagire nel reale».

Le cifre di questo fenomeno sono impressionanti. Secondo l’indagine annuale “Abitudini e Stili di vita degli adolescenti” condotta dalla Società italiana di Pediatria stiamo allevando un esercito di adolescenti ipertecnologici, sballati di web. Facebook è il guru indiscusso di questo ultimo anno. Tant’è che oltre il 50 per cento ha una propria pagina sul social network e circa il 17 per cento dichiara di esser in procinto di iscriversi.Il must su Facebook è quello di avere più amici possibile: ci si propone quindi a sconosciuti a condizione che siano “fighi”, così come ha raccontato una 13enne ai ricercatori. Questa vita virtuale è la naturale conseguenza di un radicale cambiamento nelle abitudini degli adolescenti di oggi. Disaffezionati alla tv, anche se rimane un 23% che la vede più di 3 ore al giorno, il grande amico della new generation è il pc: il 97% degli adolescenti, contro il 37% del 2000, ha un computer in casa. Non solo. Oltre il 54% ha un proprio pc nella cameretta e il 21,7% naviga in Internet la sera tardi prima di addormentarsi. «Calandosi in realtà virtuali si rischia di confondere i limiti virtuali con quelli reali, sottovalutando rischi e pericoli», spiega Massimo Di Giannantonio, docente di Psichiatria dell’Università G. D’Annunzio di Chieti-Pescara. In pratica ci si sente come un Avatar. «Un avatar – spiega Di Giannatonio - è invincibile, al contrario di un adolescente in carne e ossa che crede di esserlo. E’ un vero e proprio disturbo che si chiama trance dissociativa da videoterminale e sempre più giovani ne soffrono».

Ad essere completamente assenti dalla scena sono i genitori. «Un aspetto importante che emerge dalle nostre ricerche - sottolinea Giorgio Rondini dell’Università di Pavia, presidente della Società Italiana di Pediatria – è che i ragazzi siano poco controllati nella navigazione in Internet».

«I ragazzi sono ormai completamente lasciati soli – dice ancora Cantelmi – e dall’età di sette o otto anni, cominciano a sviluppare una loro vita nella quale la presenza dei genitori è sempre più debole e nella quale anche un intervento del genitore può dar luogo a reazioni molto violente. Del resto la tecnologia ci abitua ad avere tutto e subito e abbassa di molto la nostra tolleranza verso la frustrazione». Il risultato, secondo gli esperti è che stiamo allevando una generazione a rischio. Certo i giovani oggi sono molto più reattivi, dei loro omologhi di venti o trenta anni fa. Sono anche molto più efficienti e abili. «Ma hanno perso quasi del tutto la capacità di riflettere e di cercare di capire il significato anche simbolico delle loro azioni e dei loro pensieri. Alla fine il modello verso cui stiamo andando è quello che ci vuole estremamente efficienti dal lunedì al venerdì per prepararci alo sballo del week end. E’ uno scenario al quale dobbiamo abituarci» conclude Cantelmi.

di EMANUELE PERUGINI

Fonte: Il Messaggero del 25/10/2009